-Fai i panini? Ho fame.
Anche una semplice frase pronunciata da lui sembra più lenta. Le parole sembrano rotolare nella sua bocca come caramelle, fare un piccolo giro sul palato prima di scivolare giù nella gola e sparire, lasciando dietro di sé solamente un sapore vago che potrebbe benissimo anche non essere mai esistito.
Mi inginocchio e farcisco i panini con la mortadella, ripiegando le fette addormentate e coprendole con il pane fresco, profumato di mattina. Gli porgo il panino e mi risponde con un sorriso garbato e fragile - se potessi, lo imprigionerei in un barattolo per riguardarlo di nascosto, come si fa con le lucciole.
-Hai mai fatto caso al fatto che urlano tutti?
Lo guardo interrogativamente. Certo che ci ho fatto caso.
-Urlano tutti anche quando stanno in silenzio, urlano nelle strade, nelle case, negli autobus. Non dicono niente, però. Stanno fermi quando dovrebbero muoversi e si muovono quando dovrebbero solo aspettare. Appassiscono in movimento e poi, quando si fermano, restano nudi.
Sorrido. Fuori dalla finestra sento un rumore di freni, poi un insulto.
-Tu pensi di essere bella?
Ma non lo so. Penso di essere bella, oppure no? Forse non tutti segretamente pensiamo di essere belli, anche se siamo convintissimi di essere brutti? Magari no. Magari sono io, che in una giornata buona penso sia bello anche quel chewingum appiccicato all'asfalto, che penso che anche nella bruttezza ci sia un certo lato di bellezza tenera. Ma non lo so.
-Secondo te, se fossi vissuta in un tempo diverso, saresti stata diversa?
Forse sì, forse no. Temo di non sapere nemmeno questo.
Spegne la sigaretta su un lato del barile e la lancia sull'involucro che conteneva la mortadella, poi tira un morso al suo panino e le briciole cadono sul pavimento coperto di giornali. Si guarda intorno per un attimo come stupito; ha sempre quell'aria di eterno bambino sopreso di ritrovarsi vivo in questo preciso istante.
-Abbiamo fatto un buon lavoro. Pensare che non avevo mai stuccato una parete. E' divertente, ma adesso mi fanno male le braccia. A fare l'attore non faccio molto esercizio.
-Posso dirti una cosa?
Stavolta sono io a parlare. E' una di quelle volte in cui parli e ti sembra che le parole provengano da chilometri di distanza e ti risultano estranee.
Mi guarda. Riesce sempre a guardarti dal basso verso l'alto anche se le teste sono perfettamente allineate. Sembra che cerchi di guardare oltre un muro immaginario davanti al tuo naso; è uno sguardo che ho visto fare solo ai gatti.
-Sai cos'è bello, cosa penso sia davvero bello, una delle cose più belle?
Continua a guardarmi.
-Sai quando Sylvia ti chiama, "Marselò, Marselò", nella Dolce Vita?
Sgrana gli occhi, alza il sopracciglio.
-Cos'è La Dolce Vita?
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